Il diario

La vera rivoluzione è Ascoltare.

Superficiale intendere il diario solo come il ricettacolo dei propri pensieri privati, segreti – come se fosse un confidente sordo, muto e analfabeta. Nel diario non mi limito a esprimere me stessa più apertamente di quanto potrei fare con un’altra persona; creo me stessa. il diario è un mezzo per darmi un senso d’identità”

Susan Sontag

Il diario è lo strumento più intimo di narrazione autobiografica, dove la dimensione personale si intreccia con quella sociale. Quando iniziamo a scrivere un diario intraprendiamo un dialogo. L’io narrante diventa anche interlocutore e si stabilisce una relazione tra la scrittura e le proprie emozioni. Il diario è un amico discreto, sempre aperto ad ascoltare e ad accogliere. Scrivere un diario è dare spazio all’ascolto, al bisogno di raccontarsi, di scrivere di sé, facendo ricorso alla memoria individuale che è anche memoria collettiva. Fermarsi a guardare e “tirare su ciò che si trova in fondo al pozzo”. Il rapporto con il proprio diario è vivo e pulsante: le parole si trattengono, prendono forma, rivivono ogni volta, mai in modo uguale.
Nella scuola primaria, sfogliando l’antologia, ci si imbatte in un paio di pagine di diario (un classico è quello di Anna Frank); in genere il libro propone ai bambini di provare a scrivere una pagina di diario, ma non è affatto semplice se non sono abituati a farlo.
Quando gli alunni sono pronti a misurarsi con la scrittura, in classe quarta, propongo loro di scrivere un diario. Facilita l’attività introspettiva e allena alla consapevolezza. Crea dimestichezza con l’ascoltarsi, con il connettersi alla propria memoria e dispiegarla lí sulla pagina. Mettere per scritto i dubbi, i problemi, le paure, è averli riconosciuti e già in gran parte risolti…Recuperare i propri ricordi permette di rivedere il passato ma anche di mettere in evidenza il cambiamento e soprattutto percepire la propria essenza che resta la stessa nel corso degli anni. A me è successo leggendo pagine di diario che avevo scritto molto tempo fa. Mi sono stupita di come già allora la mia visione profonda delle cose fosse sostanzialmente la stessa di oggi. Quando si parla di educazione all’affettività cosa c’è di meglio che scrivere un diario? È una vera e propria educazione sentimentale. Si possono alternare momenti di scrittura libera e scrittura a tema. Gli attivatori per la narrazione possono essere i più svariati: dagli incipit classici (Quella volta che io…Ho sognato di…Quel giorno l’ho combinata grossa…Ricordo la prima volta che…) all’uso di elementi sensoriali (foto. Immagini, odori, sapori, oggetti, ad es. un sasso, una conchiglia trovata in riva al mare…) Se poi si ha tempo, possiamo far costruire il diario ai bambini. Basta prendere 15 fogli A4, piegarli a metà e metterli uno nell’altro; poi fare la copertina con un cartoncino da ricoprire con carte, stoffa…

La rilegatura si può fare facendo passare un nastrino attraverso due piccoli fori fatti nella piegatura interna dei fogli e fermarlo all’esterno con due bulloncini.

Esiste un luogo intimo e raccolto dove è permesso ascoltare le vite degli altri. Varcata la porta, già mentre si salgono le scale, si percepisce un silenzio che non è quello solito che si trova nei musei. È un silenzio lieto, vivo, che di lì a poco si riempirà con garbo e gentilezza del “fruscio” di tante vite vissute. Silenzio e parole dialogano tra loro, facendo affiorare ricordi, memorie, emozioni. Si entra così, con rispetto, in punta di piedi, nel Piccolo Museo del Diario, e si esce commossi, sereni e grati per il regalo ricevuto. È un’ esperienza da fare.

Piccolo Museo del Diario – Pieve Santo Stefano (Arezzo)

Ringrazio Paola Matteucci, scrittrice, amica preziosa

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